Teatro

Speciale Fringe 2013

Speciale Fringe 2013

Io, mai niente con nessuno avevo fatto.

Tre voci, tre personaggi, tre storie.

Giovanni, un giovane naif ed effeminato che scopre il sesso e forse l'amore con giovane uomo, a 19 anni. Sua cugina Rosaria che sogna di riscattarsi da una origine regionale che vive come condizione di miseria morale prima ancora che materiale. Giuseppe un giovane uomo attratto dagli uomini ai quali si concede solo fisicamente. 

Io, mai niente con nessuno avevo fatto ci racconta le loro storie alternando i loro punti di vista, le cui decisioni e comportamenti segnano irrimediabilmente le loro vite.

Lo spettacolo di Anastasi si impone sia per la drammaturgia che per la regia.
Scritto in una lingua stupenda, in perfetto equilibrio tra catanese e italiano, Anastasi, che interpreta in scena Giovanni,  sviluppa il racconto facendolo cominciare dal momento culminante della storia, quando Giuseppe chiama Giovanni  sotto casa intimandogli di scendere, arrabbiato, per poi tornare alle origini di quei fatti con una analessi elegante che dà ai racconti-monologhi dei tre personaggi la forza della testimonianza. 

Scopriamo così biografie e ascendenze dei tre. L'infanzia aspra e selvaggia fatta di soprusi e prepotenze, dove il sesso è per Giuseppe strumento di punizione, per Rosaria un illuso mezzo di riscatto e per Giovanni la scoperta del proprio orientamento sessuale.

Le tre testimonianze\monologhi pur non sovrapponendosi mai (tranne in una splendida scena quando Rosaria e Giuseppe si rivolgono a Giovanni in momenti diversi raccontati sulla scena contemporaneamente così che gli stessi gesti di Giovanni acquistano significato diverso a seconda delle parole dell'una o dell'altro) così messe a confronto si illuminano reciprocamente di nuovi significati permettendo alla messinscena di aggiungere un sottotesto narrativo ricco e potente.
La qualità della scrittura di Anastasi è sia letteraria (i tre monologhi sono anche dei racconti letterari) che teatrale.

La drammaturgia trova forza e significato nella messinscena, che,  astratta e senza scenografie, è incentrata sui due attori e sull'attrice dai quali e dalla quale emana un intero universo: bastano pochi tratti della descrizione delle situazioni fatte dai tre personaggi perchè in scena possiamo vedere i luoghi in cui l'azione accade.

La forza dei personaggi di Anastasi sta nella solidità della lingua con cui sono scritti, nel respiro letterario con cui i personaggi sono concepiti, nella icasticità con cui si raccontano e sta, naturalmente, anche nella bravura immensa dei tre interpreti.

Federica Carruba Toscano è una forza della natura. Muliebre, dai capelli lunghissimi sa usare il proprio corpo con una consapevolezza attoriale sorprendente, come quando si veste della propria nudità in un contro-scena durante uno monologo di Giovanni passando dall'ilarità alla disperazione (una profferta di sesso si trasforma in uno sturo collettivo) con una padronanza dei registri recitativi solida e sicura.

Anastasi ci regala un Giovanni disarmante, naif ed effeminato più per candore che per una inconscia provocazione, all'inizio disturbante nella sua sprovvedutezza  che si teme affettata ma che presto ce lo fa amare perchè Anastasi costruisce il suo personaggio senza ricorre ad alcun cliché portando in scena una vulnerabilità schietta e indifesa che è propria di Giovanni e non dell'omosessuale effeminato.

Enrico Sortino sa esplorare la disperazione tenera dell'uomo innamorato che solo dinanzi la malattia e la paura della morte riesce ad affrontare i propri sentimenti, nel momento cioè in cui crede che non posano più avere un seguito. Sexy quando seduce Giovanni, disgustoso quando racconta di come nascondere la propria bisessualità con un matrimonio con una donna stupida, Sortino si mette talmente in gioco con il personaggio che interpreta che quando il circolo narrativo si chiude e torniamo all'inizio della storia, cioè alla sua conclusione, le lacrime e il muco che gli vediamo produrre gli sgorgano dall'anima e non dal corpo.

Nelle storie di vita di Rosaria, Giovanni e Giuseppe, per quanto ferine e mitopoietiche, per quanto ineluttabili schiacciate da un destino che assume i toni apocalittici del fato (in un pessimismo totale di verghiana ascendenza), c'è la forza e la materia per costruire nuovi archetipi esistenziali, nei quali tutti e tutte possiamo riconoscerci un poco e sentirci risarciti e risarcite in qualche modo del nostro simile dolore altrettanto profondo e definitivo che trova finalmente una sua dignità sul palco di un teatro.
Da questo punto di vita gli applausi finali sono davvero catartici e servono per far uscire il pubblico da quello stato di profondo silenzio, di attenzione e commozione (nell'etimo originario del termine di muoversi insieme) con cui ha visto lo spettacolo, respirando un solo respiro, come solo i grandi spettacoli sanno ottenere.

Io mai niente con nessuno avevo fatto, del quale abbiamo già avuto modo di parlare,  è tra i semifinalisti della seconda edizione del Fringe.

Spettacolo vincitore  della gara settimanale ritorna stasera in scena con gli spettacoli vincitori delle altre settimane di programmazione.

Per vederlo, rivederlo, sostenerlo e, se vi è piaciuto, farlo vincere (il pubblico può esprimere un voto di gradimento) l'appuntamento è per stasera sabato 13 luglio alle 22 al palco C del Roma Fringe festival a Villa Mercede.